UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CATANIA
DIP. DI CHIMICA BIOLOGICA, CHIMICA MEDICA E BIOLOGIA MOLECOLARE
SEZIONE DI PSICHIATRIA
GRIMALDI DI TERRESENA LIRIA, DE GRANDI MARIACLARA, INGA FIAMMETTA, CRISTOFOLINI MAURIZIO
ALESSITIMIA E PSICOPATOLOGIA
Il costrutto di alessitimia Il costrutto dell’alessitimia è nato più di trenta anni fa; trova le sue origini nelle osservazioni cliniche effettuate inizialmente su pazienti con disturbi psicosomatici e, successivamente, anche su altre popolazioni mediche e psichiatriche. Fu Sifnoes a studiare per primo in maniera sistematica questa particolare costellazione di caratteristiche psicologiche e coniare nel 1973 il termine di “alessitimia” per indicare “un disturbo specifico nelle funzioni affettive e simboliche”, spesso presente nei pazienti psicosomatici. Il termine “alessitimia” deriva dal greco “a”, per mancanza,“lexis”, per parola e “thymos”, per emozione; letteralmente “man-canza di parole per le emozioni”, ad indicare una sorta di “analfabetismo emozio-nale”, una marcata difficoltà nel riconoscere, esplorare ed esprimere i propri vissuti interiori. Oggi abbiamo un consenso in letteratura sulla definizione di alessitimia, questa consiste in: 1. difficoltà di identificare i sentimenti e di distinguerli dalle sensazioni somatiche; 2. difficoltà nel descrivere e comunicare emozioni e sentimenti alle altre persone; 3. processi immaginativi limitati; 4. stile cognitivo orientato esternamente. Si tratta quindi di un “disturbo della regolazione degli affetti”. Le persone alessitimiche hanno difficoltà a comunicare verbalmente agli altri il proprio disagio emotivo e non riescono ad usare le altre persone come fonti di conforto, di tranquillità, di feedback, di aiuto nella regolazione dello stress. La scarsità della vita immaginativa, inoltre, limita la loro possibilità di modulare l’ansia e le altre emozioni negative, attraverso i ricordi, le fantasie, i sogni ad occhi aperti, il gioco, ecc. L’incapacità di verbalizzare le proprie emozioni non va considerata quindi come una difficoltà di tipo esclusivamente espressivo ma come una vera e propria limitazione nella possibilità di elaborare le emozioni e di costruire un proprio mondo interno. Oltre che come tratto di personalità relativamente stabile, l’alessitimia può emergere come fenomeno secondario, come stato reattivo in conseguenza di gravi traumi o di malattie fortemente invalidanti o in cui c’è pericolo di vita (cancro, dialisi, trapianto); in momenti particolarmente critici dell’esistenza “l’anestesia emozionale” sembra avere finalità adattive, rappresen-terebbe cioè un massiccio meccanismo di difesa verso la propria realtà interiore fonte di sofferenza e di grosso scompenso. Alessitimia e psicopatologia Alla luce dei recenti lavori di ricerca, l’alessitimia appare molto rilevante per il livello di salute e benessere complessivo dell’individuo: ad oggi è considerata come uno dei possibili fattori di rischio per svariati disturbi somatici e psichiatrici, in quanto l’incapacità di modulare le emozioni per mezzo dell’elaborazione cognitiva genera nei soggetti alessitimici la tendenza a liberarsi da tensioni causate da stati emotivi non piacevoli mediante comportamenti compulsivi quali: l’abbuf-farsi di cibo, l’abuso di sostanze, il comportamento sessuale perverso. L’incapacità di elaborare l’emozioni, sembra avere conseguenze importanti nel decorso e nella prognosi di numerose condizioni mediche (ad esempio nei disturbi coronarici, nei soggetti trapiantati, nell’asma e nei disturbi respiratori …), in termini sia di qualità della vita che di sommazione di fattori di rischio, così come sembra essere un fattore di predisposizione generale alla malattia psicosomatica (mal di testa, tensioni muscolari, disturbi gastrointestinali, dolori articolari cronici, asma bron-chiale, malattie dermatologiche …). L’alessitimia è dunque considerata uno dei fattori in grado di incrementare la suscettibilità generale alla malattia, in quanto negli alessitimici, le emozioni, non “trasformate” dalle rappresentazioni mentali simboliche e dall’espressione verbale, verrebbero ad essere frequentemente scari-cate lungo i percorsi autonomici. Lo stile cognitivo “orientato all’esterno”, cioè la focalizzazione dell’attenzione sull’esterno piuttosto che sulla vita interiore, può portare a amplificare e fraintendere le sensazioni somatiche, scatenando ansia e preoccupazioni ipocondriache. Nel corso degli ultimi decenni è stata esplorata e confermata da svariati studi empirici l’associazione tra alessitimia e i disturbi del comportamento alimentare. Anche se l’alessitimia non è direttamente collegabile con le abbuffate, la ricerca ossessiva della magrezza o con le distorsioni cognitive relative alla propria immagine corporea, questo costrutto presenta correlazioni e sovrapposizioni con svariati tratti psicologici tipici dei soggetti con disturbi dell’alimentazione. Le crisi di iperalimentazione, il vomitare, il purgarsi, l’eser-cizio estremo (o altri comportamenti spesso associati alla bulimia, quali la cleptomania, l’abuso di sostanze, la promiscuità sessuale) servono loro a soffocare le sensazioni di vuoto e gli stati di umore disforici, esperiti come fluttuanti e indefiniti o come sconcertanti e ingestibili. Anche la sfiducia interpersonale appare in parte legate al costrutto dell’alessitimia, in quanto coglie altri aspetti del pro-blema della regolazione affettiva: la riluttanza a formare relazioni intime e a comunicare i propri sentimenti agli altri. Anche nelle persone con disturbi da abuso di sostanze si osservano massicci problemi di disregolazione affettiva e alessitimia. Le persone dipendenti da alcool o droghe sperimentano di frequente depressione, rabbia, irritabilità, un “miscuglio confuso di stati affettivi dolorosi”; l’assunzione prolungata di tali sostanze porta poi a cambiamenti chimici e strutturali del cervello che, a loro volta, aggravano la disforia, il disagio psichico e il senso di alienazione sociale e emozionale, innescando un circolo vizioso. Per quanto concerne la relazione fra alessitimia e depressione, questa è molto controversa. I contrastanti risultati hanno finora evidenziato che i due costrutti possono essere visti come sovrapposti o reciprocamente indipendenti. I ricercatori finlandesi sostengono che l’alessitimia sia comune fra i pazienti con depressione maggiore e nella popolazione generale con punteggi di depressione elevati e che sia strettamente associata alla gravità della sindrome depressiva; sostengono che l’alessitimia andrebbe vista come una reazione transitoria all’umore depresso piuttosto che come un tratto stabile di personalità. Questo punto di vista è stato contestato da Luminet, et al. i quali hanno trovato che solo una porzione piccola e non statisticamente significativa della varianza nel cambiamento dei punteggi di alessitimia è spiegata dai cambiamenti nei punteggi di depressione, sostenendo pertanto l’ipotesi secondo cui l’alessitimia è un tratto stabile di personalità e quindi indipendente dagli stati depressivi. La controversia fra i due punti di vista non è ancora risolta e potrebbe dipendere da molti fattori, fra cui la scelta dello strumento usato per valutare la depressione. È noto che le varie scale utilizzate per valutare la depressione ne misurano aspetti differenti per cui l’enfasi posta dal contenuto degli item sull’aspetto cognitivo piuttosto che su quello affettivo o somatico potrebbero influenzare i risultati. Per quanto concerne, infine, la relazione tra alesstimia e disturbi di personalità, è stata ipotizzata una sovrapposizione tra alessitimia e disturbo borderline di personalita. Grotstein identifica tale disturbo come un disturbo dell’autoregolazione affettiva e sostiene l’esistenza di un’influenza reciproca tra variabili biologiche e psicologi-che. Grotstein osserva come tali pazienti, “mancando della capacità di confortarsi da soli normalmente e di confortarsi attraverso relazioni oggettuali, sono costretti a ricorrere a droghe, cibo o altri espedienti al fine di regolare i propri stati psichici”, mancano cioè di capacità di autoregolazione. Il disturbo borderline di personalità d’altra parte ha un’alta comorbilità con i disturbi da abuso di sostanze e con i disturbi dell’alimentazione, anch’essi concettualizzati da Taylor, Bagby e Parker come disturbi della regolazione affettiva. In accordo con Grotstein, Khantzian ha avanzato l’ipotesi “dell’autoterapia”, in base alla quale gli individui sono spinti ad abusare e sviluppano una dipendenza da alcool o da altre droghe al fine di gestire gli stati affettivi dolorosi e i disturbi psichiatrici ad essi collegati. Il comportamento di dipendenza ha un valore adattativo, in quanto permette al soggetto di “sostituire la disforia e una relazione con la sofferenza che egli non capisce né controlla con una che capisce e controlla”. La maggior parte delle persone dipendenti provano un miscuglio confuso di stati affettivi dolorosi, sentendosi così sopraffatti e privi di controllo, e adottano uno schema di comportamento dipendente in cui gli stati di sofferenza emotiva e quelli di sollievo si alternano, in modo comprensibile e controllabile. In conclusione è probabile dunque che: 1) disturbi da uso di sostanze (alcool e droghe); 2) i disturbi affettivi; 3) alcuni disturbi di personalità, come il disturbo borderline e ciclotimico, siano fattori di rischio significativi gli uni per gli altri, oltre ad essere comportamenti patologici associabili al funzionamenti alessitimico.
RIASSUNTO Il costrutto di alessitimia è definito da caratteristiche cognitivo-affettive comprendenti una significativa difficoltà a identificare gli stati emotivi, distinguere fra affetti e com-ponenti somatiche delle emozioni, comunicare le proprie emozioni agli altri, oltre a uno sti-le cognitivo concreto e orientato verso la realtà esterna, povertà di immaginazione, mancan-za di introspezione, scarsa attività onirica, conformismo sociale, tendenza a esprimere le emozioni attraverso l’azione. Diversi studi in letteratura hanno messo in luce come il co-strutto alessitimico, inizialmente associato ai disturbi somatoformi, sia invece riscontrabile in numerose altre patologie psichiatriche, inclusi i disturbi dell’umore, dell’alimentazione, di personalità e di abuso di sostanze.
SUMMARY The four primary characteristics of alexithymia include difficulty identifying and de-scrybing feelings; difficulty differentiating between emotional states and physical sen-sations; constricted imaginative activity, as evidenced by a paucity of fantasies and dreams; and a concrete, externally oriented cognitive style, Different studies show a high associa-tion between alexithymia and psychiatrics disorders such as depression, substance abuse disorders, anorexia nervosa, bulimia nervosa and somatoform pain disorder.
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