formazione psichiatrica

 

FORUM

(Dialoghi con e tra i lettori)

Da tanto tempo l’ANDU (Associazione Nazionale Docenti Universitari) dedica molto spazio alle tesi e alle opinioni dei Colleghi nei confronti della prospettata Riforma della Università. Non mi pare che ci siano stati contributi da parte di Docenti universitari di Psichiatria. Ritengo invece utile avere riflessioni degli Psichiatri universitari che nella loro particolare collocazione in una Specialità medica, che non può prescinde-re da interessi culturali ampi, potrebbero fornire preziosi suggerimenti ai Colleghi e ai Parlamentari, almeno per quanto concerne le Facoltà scientifiche. Per quanto concerne l’accorpamento dei settori disciplinari a mio parere è stato un fatto negati-vo il non avere confluito nelle Neuroscienze, anche se il riconoscimento della Spe-cializzazione in Psichiatria tra le scuole necessarie è stato un grande successo. Sperando di avere indicazioni al riguardo e magari la segnalazione di interventi precedenti, che mi sono sfuggiti, mi permetto riprodurre una mia risposta nel sito dell’ANDU (www.andu-universita.it) 3 Responses to “Università: tagli, demolizio-ne e opportunismo”. Concorsi nazionali, valutazione, una cultura (05.01.10). Ho trovato interessanti e in gran parte condivisibili le considerazioni dell’ar-ticolo del prof. Tocci. Mi permetto segnalare che i concorsi anche per i Ricercatori dovrebbero essere nazionali ed unitari con Commissari scelti per sorteggio effettuato tra i due terzi degli aventi diritto, secondo una classifica, aggiornata ogni anno e realizzata anche sulla base delle recensioni delle pubblicazioni scientifiche, recensioni che potreb-bero realizzarsi anche sul un sito Internet del Ministero. Seguo con interesse il dibattito relativo alla valutazione di quanto appare su Internet e può darsi che in un futuro non lontano si trovi il sistema di valutare scientificamente ciò che si legge anche o solamente in Internet. Le recensioni nel passato erano uno strumento validissimo di conoscenza e va-lutazione reciproca e si leggevano nelle tante riviste italiane che sono scomparse anche a causa dello “impact factor”, spesso condizionato dalle industrie (nel settore medico da quelle farmaceutiche). Le recensioni costituivano un mezzo importante di scambio, ancora meglio dei tanti Congressi scientifici in cui i Relatori parlano e vanno via e manca quasi sem-pre un dibattito. Anche per il venir meno dello interesse per le recensioni le riviste italiane sono molto diminuite, oltre che per i costi di stampa proibitivi. Una rinascita delle Riviste in Internet, previa una normativa che possa dar valore a quanto ivi contenu-to è quindi auspicabile. Sono pienamente d’accordo con quanto asserito dal prof. Falaschi di Perugia circa la necessità di recuperare il rapporto tra la cultura scientifica e quella umani-stica. Dovremmo sempre ricordare che la Università è “Universitas studiorum”. Nella mia qualità di Direttore, assieme al prof. Bruno Callieri di Roma, della rivista Formazione psichiatrica che si pubblica regolarmente da trenta anni, ho ritenuto di coinvolgere nella Direzione autorevoli Studiosi di discipline umanistiche e la Rivista nel 2010 uscirà col titolo “Formazione psichiatrica e Scienze umane”. La rivista sui legge anche in Internet nel sito: “formazionepsichiatrica.it”. Ringrazio Chi avrà la pazienza di leggermi presso l’ANDU o in questo Forum della Rivista e ribadisco la speranza di avere delle opinioni da parte di Colleghi, di Dottorandi e Specializzandi, non solo di Psichiatria, ma anche di altre discipline.

Vincenzo Rapisarda, già
Ordinario di Psichiatria nell’Università di Catania, Membro della Accademia Gioenia. E mail: virapisa@unict.it

Progetti per la crescita della qualità registrano tuttora in Sicilia, l’assente totale del consociativismo. IL VINO: ancora stentato lo sviluppo della vitivinicoltura isolana. Le situazioni strutturali, quelle sociali ed economiche, inerenti alle produzioni della vite e del vino, non appaiono propriamente favorevoli all’imprenditoria del settore e rendono gravi gli sforzi per raggiungere i risultati che il territoire e la pas-sione degli operatori siciliani meritano pienamente sui mercati. Difficile e complesso, dalle lavorazioni rigorose ed esigenti, il mondo del vino attraversa da alcuni anni, in specie in Sicilia, un percorso di crescita, ma anche di discontinuo assestamento. Sono, a tale proposito, traguardi di prestigio a favore di cultivar, DOCG e DOC, i riconoscimenti e i premi ottenuti da grandi aziende, numericamente limitate e, quasi tutte, di capitale elevato. Come a dirsi, che ci si riferisce a èlite dalle notevoli capacità finanziarie. Il dimensionamento di alta classifica, gioca un ruolo essen-ziale, rispetto all’amplificazione delle potenzialità, all’accesso ai fondi comunitari, oltre che alle possibilità di affrontare con sufficiente autonomia le lunghe fasi della trasformazione del mosto a vino, sino alla vendita. La fascia degli operatori di tono più modesto (piccoli e medi, artigianali), da un lato, non abbandona (non è in grado di abbandonare), nella vinificazione, metodo-logie con bassi contenuti di industrializzazione, dall’altro (e suo malgrado), denega caparbiamente spazi al consociativismo o anche semplicemente a forme di attività di collaborazione tra più aziende, per il contenimento dei costi. Non per questo, beninteso, il livello di qualità e raffinatezza del vino viene a soffrirne, tutt’altro! Di non sempre soddisfacente realizzazione resta, però, la relativa commercializ-zazione. Non è di secondaria importanza, la considerazione che, nel ciclo produttivo “vendemmia, vinificazione, maturazione, imbottigliamento, stivaggio”, esiti della diseconomia di scala rechino importanti sgravi di spesa a deciso vantaggio del li-vello dei prezzi. Va tenuto conto che il vino nasce dalla natura e come per tutte le attività agrarie è soggetto alle variabili indipendenti che, stagione dietro stagione, modificano e aumentano le precarietà nelle condizioni di coltura della filiera. La cooperazione in aree contenute e situazioni lavorative omologhe, può pertanto fungere da volano, per la categoria d’imprese che di poco eccedono lo standard di singoli viticoltori e confermarla nella consapevolezza che l’individualismo non porterà mai a superare lo stato d’incertezza di questo importante ambito dell’economia siciliana, atteso che qualsiasi velleità di competizione tra la “grande industria del vino” e il vi-gnaiolo è tout court destinata a mostrarsi inutile e ad arenarsi. Molti aspetti della materia di cui si è accennato corrono inevitabilmente lungo il confine delle politiche agrarie ed è alla conduzione di queste ultime che si deve ri-volgere l’auspicio - da troppo tempo asseverato a un Governo dopo l’altro, a un Piano dopo l’altro - di un effettuale recupero nelle scelte di sostegno e tutela alle componenti produttive, per restituire all’Agricoltura, il negato di quasi mezzo seco-lo di investimenti pubblici e di opportunità, in misura largamente maggiore destina-ti invece all’industria. In questo quadro, a rimanere sul mercato potrebbero essere soltanto coloro che il vino lo conoscono, lo amano e ne rispettano natura e collocazione. Il consorzio tra i produttori autoctoni, in tale direzione, non può non essere motivato dalla voglia di esserci e di fare vino sempre migliore e più competitivo. Su altro versante di valutazioni, a ragione di una non latente preoccupazione sulla bontà finale dei provvidi investimenti, anche stranieri, pur non obliando mo-menti positivi che colorirono di “epico” la vicenda del marsala (il famoso vitigno grillo, di origine greca) e la storia della famiglia Florio, non mancano i timori per ipotesi che vedrebbero il ripetersi di dolorose esperienze vissute dalla Sicilia, du-rante la smisurata, “drogata” crescita dell’agrumicoltura (AIMA negli anni ‘70), laddove, venute meno le motivazioni speculative, ebbe a seguire un duraturo ab-bandono degli agrumeti. “Intensi, pregiati, inconfondibili i vini sono un concentrato singolare di storia e di natura: intreccio di cultura e passione, di tecnica e fantasia, essi racchiudono il respiro del territorio e l’energia degli uomini che li producono”.

Folco Mileto

Trecastagni, 31 dicembre 2009

Dai “Quaderni dell’enoteca”, editi dalla CCAA

della Provincia Autonoma di Trento

Il Messia laico (31/3/09) Avviso: la redazione non è responsabile in alcun modo dei commenti inseriti. La responsabilità è degli autori stessi. Indubbiamente l’evento che ha avuto più risonanza mediatica e che ha anche finalmente scosso le nostre addormentate coscienze di cittadini globali, è stato -ed è tutt’ora- l’avvento di Barack Obama alla Casa Bianca. Evocato, invocato, osannato, criticato, amato, odiato, pregato (tutto tranne che l’indifferenza), questo giovane uomo si presenta al mondo come un nuovo messia laico, nel quale sono riposte le speranze di riscatto, di ripresa, di moralità, di scelte etiche, ecologiche, finanziarie, azzardiamo “globali” sia in America sia nel mondo occidentale. A ben vedere, questo Presidente risoluto, efficiente, affascinante e convincente, non fa nulla di divino: si limita a mettere in atto soluzioni di buon senso, che tutti sperano efficaci (tranne gli inevitabili detrattori, politici e no). Chiediamoci: è veramente così difficile, anche in un contesto di corruzione e di mafie di cui è intessuta nostro malgrado l’Europa di oggi, che ci sia un altro, due, dieci altri Obama in Europa, Asia, Africa, Australia? O siamo condannati alla retorica dei discorsi sul petrolio e le centrali nucleari, la finanza selvaggia e la disparità fra nord e sud? Le condizioni paiono esserci tutte: è una necessità vitale che l’Europa e il resto del mondo abbiano delle leadership per sistemare queste “beghe condominiali globali”.

Adriana De Vincolis

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